Questo articolo è per Marco, che per 15 anni ha cercato invano di risolvere l’arcano mistero e finalmente ieri sera, grazie a Ronit, è giunto ad una “quasi-soluzione”.
Non posso dire di avere in mano la risposta definitiva (quella forse non ce l’avremo mai), ma spero almeno di riuscire ad avanzare un pochino in questa ricerca 😉
Tutto iniziò quando si trasferì in America come bassista. Per le strade, ogni volta che qualcuno lo chiamava per nome da lontano, prima ancora che lui potesse voltarsi e capire chi fosse l’amico che lo salutava, sentiva gli schiamazzi dei bambini in giro che, ridendo, rispondevano alla chiamata con “Polo!”.
Incuriosito, decise di capirne il perché, e la risposta più imediata era di dominio pubblico: esiste un gioco in piscina (nato forse nella California del Sud), che si chiama Marco-Polo.
Una specie di mosca cieca in acqua dove “Marco” è colui che deve andare alla ricerca di chi è nascosto. Deve chiudere gli occhi, a bordo della piscina, contare fino a 10 e poi urlare “Marco”! Tutti gli altri devono continuare ad urlare “Polo”, finché “Marco” (guidato da una delle voci), sarà in grado di prendere uno dei nascosti e a quel punto i due giocatori si daranno il cambio.
–> se volete conoscere meglio le regole del gioco, cliccate qui
Ma il dubbio di Marco rimaneva. Perché hanno scelto di chiamare questo gioco proprio Marco Polo???
Tutti gli americani sembrano conoscere molto bene questo gioco estivo, ma nessuno di loro gli ha saputo spiegare l’origine del nome.
Daniel ha azzardato una prima connessione: polo è un gioco acquatico! …ma perché Marco?
Sappiamo tutti che Marco Polo era un esploratore veneziano vissuto a cavallo tra il 1200 e 1300. Si spinse fino alla Cina, all’India e ad altre parti dell’Asia e introdusse il “misterioso Oriente” all’Europa Occidentale.
La leggenda racconta che non sapesse dove si stesse dirigendo quando incominciò l’impresa… e forse è questa associazione che ha portato ad utilizzarne il nome per il gioco: chi deve trovare i compagni nascosti, inizia con gli occhi chiusi e non sa in quale direzione andare.
Qualcun altro dice che si tratta di una riproduzione figurata del suo viaggio.
Durante la spedizione si perse traccia di oltre 600 dei suoi compagni di avventura dopo una terribile tempesta che distrusse molte navi. Probabilmente i dispersi in mare (giocatori nell’odierna piscina), sperando di essere trovati, urlavano con disperazione il nome del loro capospedizione (Polo) e la nebbia e il brutto tempo complicavano l’impresa (da qui gli occhi chiusi di Marco). La fine del gioco, col ritrovamento di uno dei compagni, è rappresentativo della piccola percentuale di persone che fu realmente salvata.
Un’altra teoria si rifà invece alla Germania. Qualcuno sostiene che il gioco deriva il suo nome dall’esperienza di una coppia di esploratori tedeschi. Sembra che riuscirono a rimanere in contatto tra loro (e quindi a sopravvivere), durante una traversata delle alpi in cui erano stati avvolti da una terribile nebbia. Come? Nel momento in cui uno dei due perdeva il contatto visivo dell’altro, urlava “Marco” e l’altro rispondeva con “Polo” (in onore del loro infinito rispetto per l’esploratore) e continuavano ad urlarsi a vicenda in questo modo finché non si fossero ritrovati.
Secondo me questa teoria è un po’ troppo arzigogolata: dall’Italia alle Indie alla Germania per approdare poi negli StatiUniti…
Voi cosa ne pensate?
Avete altri suggerimenti per il mio amico?
Fantastico! Dopo che anche Marco ha fatto appello sul suo blog perché qualcuno ci aiutasse a risolvere il dilemma, niente di meno che Harry Rustein, della “Fondazione Marco Polo”, si è preso la briga di rispondere!!! Potete leggere direttamente la sua risposta sul blog di Marco.
Maggiori dettagli si possono trovare sul nuovo libro di Harry Rutstein, “The Marco Polo Odyssey“, sulla vita dello stesso autore che ha ripercorso in prima persona la rotta di Marco Polo da Venezia a Pechino.
Laura,
Molto interessante!
A detta di Wikipedia, sembra che il gioco sia conosciuto non solo in America, ma anche in Svizzera, Argentina, Brasile, Paraguay, Singapore, Australia e Iran.
Ho anche letto, da qualche altra parte, che il gioco sarebbe nato in Inghilterra verso la metà del ‘700 e che da lì venne esportato nelle colonie inglesi d’oltre oceano. Se vero, ciò potrebbe spiegare come mai ll’origine del gioco sembri essersi perduta nella memoria collettiva e spiegherebbe anche l’apparente diffusione del gioco nel mondo a eccezione, stranamente, dell’Italia.
Spero che con il tuo aiuto, e quello dei tuoi lettori, si possa arrivare alla soluzione di questo mistero ormai decennale.