L’altro giorno, alla fine di una lezione di pole dance (ebbene sì, sto continuando!!!), Roland, l’insegnante, è stato “politically correct” augurando a tutti noi Merry Christmas, Happy Hanukkah, Happy Kwanzaa… and Happy Holidays.
Happy Kwanzaa???
La festa è stata introdotta negli Stati Uniti alla fine degli anni ’60 da Maulana Karenga per celebrare e onorare la cultura e l’eredità afro-americana.
Dal 26 dicembre al 1 gennaio si festeggia accendendo una luce del candelabro a sette braccia e l’ultimo giorno ci si scambiano doni e regali.
Non è un’alternativa ad altre usanze religiose – infatti molte comunità afro-americane sono cristiane – si tratta semplicemenete di una valorizzazione delle proprie radici.
Durante questo periodo le case vengono decorate con opere d’arte dai colori forti e brillanti, le donne indossano kaftani e si espone la frutta come simbolo di idealismo africano.
Il termine è entrato a far parte della cultura americana durante la lotta femminista degli anni ’70 in difesa delle minoranze e da subito anche la sinistra, e poi il governo, ne hanno adottato l’uso proibendo di fatto un certo tipo di linguaggio che potesse in qualche modo discriminare o offendere qualcuno.
Come tutte le cose si può leggere questo atteggiamento sotto più punti di vista. A me piace pensare che sia un segno di rispetto e di apertura contro ogni tipo di pregiudizio razziale, religioso, di orientamento sessuale… etc, invece che ipocrisia nascosta da un mero conformismo linguistico. Nonostante a livello politico, nelle scuole e nelle istituzioni pubbliche, si rischia sempre di chiudersi in un “finto perbenismo”, sono contenta che si possa leggere come un’apertura sociale alla differenza.
Rispettare le diverse festività per me è condividere la gioia che esiste oltre alla specifica tradizione religiosa, nel profondo rispetto delle differenze.
Sono buddista (buddismo di Nichiren Daishonin) dal 2004, con una chiara tradizione cristiana alle spalle data dal fatto di esser nata e cresciuta in Italia da famiglia cristiana.
🙂
d.