Ciao, questa è Dona che scrive!
Non molti sanno che io sono anche un medico volontario.
Come medico devo tenermi aggiornata con corsi, ore di pratica, ed esami.
Uno dei posti dove avviene il mio aggiornatmento è l’ospedale di Bailey Seton a Staten Island.
Aperto nel 1831 per il personale in servizio con la Marina Militare è cresciuto negli anni per ospitare malati con bisogno di essere messi in quarantena. Nel 1980 l’ospedale fu venduto ad un’organizzazione che lo espanse e lo fece diventare primariamente una struttura dedicata alla cura di pazienti con problemi mentali, abuso di droghe, e alla loro riabilitazione.
Nel 2000 Bayley Seton passò di mano di nuovo e trovandosi purtroppo a fronteggiare immediatamente problemi finanziari, alcune ale comnciarono a chiudere.
Oggi solo la palazzina principale è ancora in funzione, principalmente usata per il supporto a pazienti con problemi sia mentali che per abuso di sostanze stupefacenti.
Il mese scorso sono andata a fare uno dei miei soliti corsi di aggiornamento e sono arrivata molto presto. Cosa fa una fotografa che si ritrova un’ora di tempo libero? Va ad esplorare…
Infilandomi in aree dove non sarei dovuta entrare, sono arrivata alla parte abbandonata!
Io ho sempre avuto la passione per strutture abbandonate, e devo dire che i brividi che mi causano lo scavalcare delle recinzioni e l’infilarmi di nascosto nei posti, sono ricompensa benvenuta per le malefatte fotografiche che producono.
C’è qualcosa di eternamente affascinante nei mattoni fatiscenti, la vernice scrostata, e l’inquietante silenzio di edifici abbandonati che ispira alcuni a trapassare di sottecchi, a strisciare contro i muri e attraverso le finestre, e a documentare questi posti in decomposizione.
Gli edifici abbandonati, specialmenete gli ospedali, secondo me diventano più interessanti e complessi con ogni nuovo strato di detriti. La sensazione di disagio e di un senso quasi palpabile della storia di questi posti è perfino maggiore quando si trovano oggetti personali lasciati da coloro che ci vivevano decenni prima.
Cosa è di questi luoghi ossessionanti, persi nel tempo, che li fa sembrare più reali di altre rappresentazioni della storia che viviamo? Perché questi luoghi ci attirano?
Credo che il fascino di questi posti sia nella loro rappresentazione di chi siamo, e da dove veniamo.
A parte l’esperienza sensoriale fornita dall’ambiente, in termini di odori, struttura, e suoni, essi parlano al nostro cuore e stimolano la nostra immaginazione.
Sono in un certo senso, sia la storia della nostra società, che i guardiani di questa storia.
L’assenza di esseri umani in questi luoghi permette alla natura di prendere il sopravvento e recuperare ciò che è sempre stato suo, sottolineando lo stato effimero del genere umano e di ciò che creiamo.
Gli edifici abbandonati forniscono anche spazio alla nostra immaginazione di vagare e, occasionalmente, forniscono momenti di silenzio sublime, e la riflessione su ciò che è stato e ciò che sarà.
Come spiega esploratore urbano Thomas Slatin: “I luoghi abbandonati sono visioni post-apocalittiche di ciò che il futuro potrebbe apparire se la storia umana si concludesse con questa epoca”.
Per quanto banali possano sembrare, le rovine contengono ancora la promessa dell’inaspettato.
Dal momento che l’uso originale di questi edifici è passato, ci sono infinite possibilità di incontro con il bizzarro, con leggende imperscrutabili scritte nelle bacheche e cartelli, e con cose particolari e spazi curiosi.
Un viaggio in uno spazio abbandonato è un viaggio in un altro mondo, un mondo che esiste al di fuori e adiacente alla nostra vita di tutti i giorni.
Le persone sono attratte da questi spazi per motivi estetici, nonché emotivi. La bellezza di travi cadute, intonaci fatiscenti, e vetri delle finestre in frantumi può essere persa in molti, ma è impossibile negare (e quasi altrettanto difficile resistere) il significato simbolico di queste strutture, una volta possenti, che stanno tornando, palmo a palmo, alla polvere da cui sono stati modellati.